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AC-DC. Ante Covid – Dopo Covid: una transizione di fase

Un dialogo con Mario Rasetti – ISI Foundation

Sarà SARS-CoV2 l’artefice di quel cambiamento profondo nel nostro modo di essere e di operare che gli storici del futuro ricorderanno come AC–DC; il passaggio fra due epoche adiacenti ma molto diverse, Avanti-CoViD e Dopo-CoViD. Siamo nel pieno di un processo che un fisico chiamerebbe una ‘transizione di fase’, fenomeno in cui per effetto di cause esogene un sistema cambia il suo ‘stato’ per riconfigurarsi in uno nuovo, caratterizzato dagli stessi agenti interni ma da un ‘ordine’ – regole, modalità di comportamento, priorità e valori – diverso. Solo che il sistema non è un magnete che si smagnetizza o ghiaccio che liquefa, è l’intero sistema planetario, inscindibile mistura di uomini organizzati in società diverse (con tutti i loro paradigmi caratteristici: economia, finanza, il ciclo cibo-nutrizione-sostenibilità, comunicazione, etica) ed ambiente, a subire la transizione. E questo sistema sta mostrando una anomala fragilità.

La pandemia ha messo drammaticamente in luce le numerose, serie carenze non solo del nostro modo di prendere decisioni politiche ed economiche, dunque sociali, ma dell’architettura stessa dei suoi paradigmi. Mentre alcune di queste carenze possono ascriversi alla mancanza di risorse adeguate, di competenze o di capacità di elaborazione, o all’incapacità di pianificare a lungo termine, altre sono invece, appunto, sistemiche; cioè intrinseche, legate ai valori adottati, nonché alla logica dei processi interni, nell’arena politica ed economica.

Proprio perché c’è una condizione di grande fragilità sistemica, la transizione indotta da un evento drammatico, esogeno e imprevisto (?), inevitabilmente spinge l’ecosistema verso un nuovo stato, ma binario: riconfigurazione o disastro. Essa dunque dev’essere governata per evitare la catastrofe. Nella crisi pandemica, la politica si è trovata a dover stabilire priorità diverse, mai praticate prima, per proteggere il funzionamento dei sistemi sanitari e economico/finanziari, nonché raggiungere gli obiettivi per fronteggiare il cambiamento climatico e perseguire la conservazione ambientale, mantenendo e garantendo la più ampia sicurezza nazionale; tutto simultaneamente. Tuttavia la questione è più profonda: dobbiamo sviluppare metodologie innovative di supporto alle decisioni e nuove modalità di sostegno alla definizione delle politiche, che forniscano ai responsabili la capacità di pilotare la riconfigurazione del sistema evitando l’opzione ‘caos’. Questo è cruciale, addirittura, per la sopravvivenza della nostra specie sul pianeta.

L’intelligenza artificiale sarà cruciale in questo. Oggi le sue procedure più efficienti (Machine Learning) consistono nell’ipotizzare la soluzione di un dato problema con un ‘modello ontologico’, poi definire una ‘funzione di perdita’ che misura i risultati del modello con la realtà e infine ottimizzare il modello riducendo tali perdite al minimo. Dunque, i problemi di ML sono di fatto problemi di ottimizzazione; perché dunque parliamo di apprendimento? Il punto è che tipicamente la soluzione non è in forma chiusa e si deve ricorrere a tecniche iterative per approssimarne progressivamente il risultato, iterazione che viene identificata con un apprendimento graduale delle proprietà del sistema basato sull’esperienza delle osservazioni passate. Sappiamo tuttavia che anche il ML soccombe al destino imposto a tutta la matematica dai teoremi di Gödel: l’equivalenza formale tra apprendibilità e compressione (metodologia ben nota a chi manipola immagini digitali), fa sì che la fase di ottimizzazione possa risultare Gödelianamente indecidibile. Naturalmente, determinare se il processo che sta per affrontare sia ‘apprendibile’ è cruciale per il ML: per raggiungerlo, però, è necessaria una matematica nuova, capace della gestione formale dell’apprendimento. I paradigmi convenzionali del ML non riescono ancora a farlo. Questo è un vero investimento per il futuro.